Mostra bibliografica “Donne nella Shoah”

La Shoah vista da un’angolazione diversa dal solito.

Non perdete l’interessante esposizione bibliografica presentata negli spazi del I.I.S. “Marconi Lussu” nel plesso di via Paganini.

Dal 24 gennaio al 14 febbraio 2025
«Vittime della persecuzione e dello sterminio nazisti furono sia gli uomini che le donne di etnia
ebraica. Tuttavia, le donne – sia ebree che non-ebree – furono spesso soggette ad una
persecuzione eccezionalmente brutale da parte del regime. L’ideologia nazista prese di mira
anche le donne Rom (Zingare), quelle di nazionalità polacca e quelle che avevano difetti fisici o
mentali e che vivevano negli istituti.
Interi campi, così come speciali aree all’interno di altri campi di concentramento, furono destinati
specificatamente alle donne. Nel maggio del 1939, i Nazisti aprirono il più grande campo di
concentramento esclusivamente femminile, quello di Ravensbrück, dove più di 100.000 donne
vi furono incarcerate tra la sua apertura e il momento in cui le truppe sovietiche lo liberarono,
nel 1945. Un campo femminile fu costituito anche ad Auschwitz-Birkenau nel 1942 (conosciuto
anche come Auschwitz II), per incarcerare principalmente le donne; tra le prime ad esservi
rinchiuse furono proprio prigioniere provenienti da Ravensbrück. Analogamente, una zona
femminile venne creata a Bergen-Belsen nel 1944, dove le SS trasferirono migliaia di prigioniere
ebree provenienti da Ravensbrück e Auschwitz.
[…] Durante le deportazioni, le donne in stato di gravidanza e le madri di bambini piccoli
venivano generalmente catalogate come “inabili al lavoro” e venivano perciò trasferite nei campi
di sterminio, dove gli addetti alla selezione le inserivano quasi sempre nei gruppi di prigionieri
destinati a morire subito alle camere a gas.
[…] I Nazisti condussero operazioni di assassinio di massa di donne Rom anche nel campo di
concentramento di Auschwitz; uccisero donne disabili nel corso delle operazioni denominate T-4
ed “Eutanasia”…
Nei ghetti, così come nei campi di concentramento, i Nazisti selezionavano le donne per inviarle
a lavori forzati che spesso ne causavano la morte. Inoltre, i medici e ricercatori nazisti spesso
usarono donne ebree e Rom per esperimenti sulla sterilizzazione e per altre pratiche disumane
di ricerca, contrarie a qualunque etica. Sia nei campi che nei ghetti, le donne erano
particolarmente vulnerabili e soggette spesso sia a pestaggi che a stupri. Le donne ebree in
gravidanza cercavano di nascondere il loro stato per non essere costrette ad abortire. Anche le
donne deportate dalla Polonia e dall’Unione Sovietica per essere impiegate nei lavori forzati per
il Reich, venivano spesso picchiate e violentate, o forzate a prestazioni sessuali in cambio di cibo
o altri generi di conforto. La gravidanza fu l’ovvia conseguenza per molte donne polacche,
sovietiche e jugoslave inviate ai lavori forzati e costrette a relazioni sessuali con i Tedeschi. Se i
cosiddetti “esperti della razza” determinavano che il bambino non potesse essere
“germanizzato”, le donne venivano generalmente obbligate ad abortire, o mandate a partorire
in ospedali improvvisati, dove le condizioni avrebbero garantito la morte dei nascituri. Altre volte,
invece, venivano semplicemente rispedite nelle regioni d’origine, senza cibo né assistenza
medica…».
(Tratto da: Enciclopedia dell’Olocausto)

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